Talvolta ascolto le voci senza farmi distrarre dalle parole che contengono. È allora che ascolto le anime. Ciascuna ha la propria vibrazione. Così scrive Christian Bobin in un libretto che raccoglie suoi piccoli pensieri intitolato Resuscitare.
Quanto è preziosa la voce. Troppo superficialmente l’abbiamo sottovalutata, sostituendola spesso con dei messaggi con cui poi a volte è sempre è facile intendersi. Troppo facilmente sottovalutiamo il fatto che le parole hanno bisogno di un tono, di una cadenza, di un volume e perfino di un corpo da cui uscire. Non è questione di recitare o di avere particolari strategie; non è invito a sostituire i messaggi scritti con i messaggi vocali.
Servono anche gli occhi che aiutano a capire meglio cosa uno dice osservando il volto mentre la mimica facciale, difficile da controllare spontaneamente, fa trasparire il pensiero e le emozioni. Servono le orecchie che perfezionano la comprensione dal tono, dal ritmo, dal volume con cui l’altro parla, facendoci intuire meglio anche le parole e i pensieri.
Tutto questo potrebbe farci dire che sarebbe bello se Dio lo potessimo vedere e potessimo sentire la sua voce come sentiamo la voce delle persone che stanno accanto a noi. Oggi, a complicare le cose, si sono aggiunte le voci digitali. Un computer è in grado di dare voce ad un testo scritto. Ancora di più, non so se dire “ancora meglio” sa anche comporlo grazie a quella che chiamano intelligenza artificiale un testo; lo sa riassumere. Ma questo è un altro discorso e ci porta lontano. Tutto questo potrebbe farci dire che sarebbe bello se Dio lo potessimo vedere e potessimo sentire la sua voce come sentiamo la voce delle persone che stanno accanto a noi. Sarebbe tutto più facile; sarebbe più facile credere, più facile capirti, fidarsi. In realtà la storia ci insegna che non è andata così per i giudei, per i farisei e neppure per i discepoli di allora.
Non è bastato loro vederlo, non è bastato ascoltarlo. Basta andare a leggere i tre versetti (10,24-26) immediatamente precedenti a quelli che abbiamo ascoltato: Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore.
Occorre qualcosa di più: occorre la profonda fiducia in Lui. Occorre sapere che Lui è il pastore da seguire, ma anche il pastore che viene a cercarsi quando ci perdiamo, dice Luca nel suo Vangelo, addirittura lasciando le 99 che sono già al sicuro per cercare la pecore smarrita.
Il motivo della loro e della nostra incredulità non è da ricercarsi nella sua poca chiarezza, nel fatto di non poterlo vedere o sentire, ma nella nostra innata diffidenza che rende difficile ogni rapporto, nella nostra difficoltà ad appartenere, preferendo il possedere.
Vi è una fiducia reciproca necessaria che qui è descritta da queste parole: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.Vi deve essere un desiderio di adesione. È interessante che Gesù dica: ascoltano la mia voce e non dica semplicemente: conoscono il mio insegnamento, capiscono quello che ho detto loro.
È qualcosa di molto più profondo saper riconoscere una voce, qualcosa che dice di una grande familiarità, di una solida confidenza prolungata nel tempo e nell’ampiezza. Una madre, come un padre, riconosce la voce del proprio figlio in mezzo a tante; magari nella confusione non capisce cosa sta dicendo, ma capisce bene che è la sua. Un neonato non capisce ancora le parole della mamma o del papà, ma riconosce la voce e in quella voce riconosce una presenza e trova sicurezza. Siamo ad un livello più profondo che precede l’ascolto delle parole pronunciate.
Quella voce com-muove: le pecore mi seguono.
Quella voce è inconfondibile. Ascolti e dici: è Lui.
Questo ci fa uscire dall’incertezza, rassicura anche perché, abbiamo ascoltato dal Vangelo, fede è sentirsi conosciuti; sentire che non siamo estranei a Dio. Egli sa di cosa abbiamo bisogno, così come il pastore lo sa delle pecore per questo le mie pecore mi seguono; si fanno guidare da me. Non hanno timore che le possa portare a perdizione. L’espressione che Gesù usa è molto forte: nessuno le strapperà dalla mia mano. Nessuno.
Nessuno ci porterà via dalle mani di Dio. Avere fede è ricordare questo. È sentire le mani di Dio dalla propria parte.
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